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Covid 19 nel cane e nel gatto? Cosa c’è di vero

Dicembre 2020 e siamo ancora nel bel mezzo della bufera covid 19 con la seconda ondata, e seppur le acque sembrano essere un pò meno agitate, ancora non vediamo un porto sicuro in cui attraccare. Il sars cov 2 sta influenzando in tutti i sensi la nostra vita quotidiana e crea difficolta’ e non pochi disagi.

Siamo preoccupati per la nostra salute, quelle delle persone a noi care; inoltre da un pò di tempo, sui giornali e sui media nazionali stanno uscendo preoccupanti informazioni riguardo una possibile contagiosità del virus nei cani e nei gatti.

Ma cosa c’e’ di vero?

da quando si e’ scatenata questa pandemia, con un virus che e’ passato dal pipistrello all’uomo, e un ospite intermedio che ancora non e’ certo, ma molti studi scientifici sospettano essere il pangolino,una delle prime preoccupazioni per chi possedeva una animale domestico era se i nostri pelosi potevano contrarre la malattia.

Nel mese di febbraio, con le conoscenze scientifiche che avevamo a disposizione, facemmo una puntata speciale dove spiegavamo che i nostri quattrozampe non potevano contrarre l’infezione e non avrebbero rappresentato un pericolo per l’uomo.

Ad oggi, dicembre 2020, abbiamo un mare di informazioni in più e seppur ancora non possiamo dire di conoscere tutto su questo nuovo coronavirus, possiamo ragionare con dei dati più esaustivi e completi.

Gli studi scientifici in merito non si contano, ogni settimana ne escono a decine. Ora sappiamo come entra nelle cellule e perché’ le infetta, come si diffonde nell’organismo, e che armi abbiamo a disposizione per combatterlo e molto spesso sconfiggerlo.

Sappiamo che per entrare in una cellula, il virus si lega a dei recettori naturalmente presenti sulle nostre cellule chiamati recettori ace 2. 

Numerosi studi hanno evidenziato che molte tra le specie domestiche, compreso i  gatti e i cani e i furetti posseggono questi recettori.

I gatti e i furetti hanno recettori ace 2 molto simili ai nostri, mentre nel cane gli ace 2 hanno alcune proteine diverse, per cui il virus non riesce a legarsi bene.

In parole più semplici, nel gatto il coronavirus della sars puo’ dare infezione mentre nel cane e molto più raro e difficile.

Ma dobbiamo preoccuparci? 

Qual’e’ il reale ruolo del gatto nella diffusione del coronavirus nell’uomo e che rischi hanno i nostri felini domestici?

Fortunatamente molto pochi se non assenti. Allo stato attuale delle conoscenze, i gatti sono dei “dead end host”, ospiti senza uscita, cioè ospitano il virus, ma senza diffonderlo.

Il virus si replica in questa specie, ma non e’ in grado di reinfettare l’uomo. L’infezione del gatto, abbastanza rara,  avviene solo nei casi di stretto contatto con una persona infetta e con sintomi di covid 19. Stesso ambiente domestico, condivisione degli stessi spazi, scambio di baci, carezze e coccole. Nel gatto possono, in rari casi, comparire sintomi uguali agli stessi sintomi riportati nell’uomo; ovvero raffreddore, cioè riniti, mal di gola, cioè’ faringiti, laringiti e tracheiti, difficolta respiratorie, cioè polmoniti, febbre, disturbi gastrointestinali, ovvero gastroenteriti.

Il virus può essere diffuso dal gatto nell’ambiente per circa 5 giorni, sia attraverso la bocca, che attraverso il.. il…cioè entra dalla bocca e può uscire dal…dal, ci siamo capiti no???

da disturbo intestinale e quindi..?

vabbè è chiaro quali siano le modalità di diffusione nel gatto.

Va detto, per la cronaca, che un paio di settimane fa è uscito un lavoro di ricercatori cinesi, ancora non revisionato in cui hanno osservato contagiosità tra gatti, sperimentalmente  infettati con  del covid 19. 

Nessuno dei gatti sviluppò però sintomi riferibili al covid 19. 

Lo studio prevedeva due gatti infettati in laboratorio e poi introduzione di un terzo gatto che dopo un giorno si e’ infettato naturalmente grazie alla convivenza con gli altri due. 

Il lavoro ha molte limitazioni, una tra tutte il numero esiguo di esemplari. Di fatto al momento tutta la comunita’ scientifica e’ concorde nel pensare che sebbene la trasmissione dal felino all’uomo e’ teoricamente possibile,  non ci sono evidenze di questa trasmissione.

Ricordiamo però che assenza di evidenza non significa evidenza dell’assenza!!!

Cioè il fatto che non c’è dimostrazione di questa infezione gatto-uomo, non c’è neppure la dimostrazione che questo non si verifichi. Ad ogni modo bisogna anche considerare che nonostante i 60 milioni di persone infettate nel mondo sono solo alcune decine i casi di gatti infettati e che hanno mostrato la presenza sia del virus infettante, sia della capacita’ di produrre anticorpi e sia della malattia. 

E il cane?

Esistono storicamente due coronavirus che colpiscono il cane, uno che da una sintomatologia enterica, l’altro che da sintomatologia intestinale, ma sono specifici del cane.

I pochissimi casi isolati di cani colpiti dal covid 19, erano cani che vivevano in contatto con persone ammalate di covid. Nessun cane  comunque  ha mai sviluppato sintomatologia riferibile a infezione da sars cov 2. I cani colpiti hanno avuto positività allo stesso virus che ha colpito i proprietari e hanno sviluppato anticorpi, ma non hanno mai diffuso il virus.

Per cui al momento si ritiene il cane non è coinvolto e che non giochi alcun ruolo nella diffusione del nuovo coronavirus.

Quindi non c’è motivo di preoccupazione, ma occorre prestare attenzione alla eventualità che una persona ammalata di covid 19 conviva con un gatto o con un cane.

Vorrei perciò darvi delle raccomandazioni che si basano sul principio di massima precauzione nel caso in cui una persona positiva e sintomatica al covid 19 conviva con dei pelosi quattrozampe

1) fino a quando non sia definitivamente chiarito questo aspetto, in caso di positività al covid 19,  trattate il vostro peloso come se fosse un qualsiasi altro membro umano della famiglia. quindi limitare al massimo i contatti

2) tenete i gatti all’interno delle abitazioni e evitate per quanto possibile di farli uscire e vagabondare liberamente 

3) quando si deve far uscire il cane per i bisogni, occorre farsi aiutare da un familiare che portando fuori il cane, eviti il contatto tra il cane ed altri cani e con altre persone

4) in caso di sintomatologia clinica di covid 19,  se fosse possibile fate accudire il vostro pet da un familiare.

5) se ciò non fosse possibile, evitate i contatti stretti con il peloso, baci, leccamenti, carezze, coccole, condivisione del cibo e dormire nello stesso letto. semplici ed efficaci precauzioni in questo caso sono indossare una mascherina che copra naso e bocca, regolarmente sostituita ogni 4 ore, e lavarsi le mani prima e dopo aver interagito con il micio

6) se il vostro quattrozampe dovesse stare male durante la vostra quarantena e isolamento, fatelo accompagnare in clinica da un familiare, segnalando ovviamente la vostra condizione. il vostro veterinario valutera’ la condizione e se dovessero esserci i sospetti di una patologia infettiva respiratoria o intestinale, effettuare il test molecolare per la ricerca del virus anche per i nostri animali, specifici per loro,   con la metodica della pcr real time.

Mi vorrei soffermare un attimo su questo aspetto del testare i nostri pets domestici e sull’importanza sociale di questa valutazione, quando appunto esistono condizioni di convivenza tra una persona positiva e un peloso…

Comprendo benissimo che oltre alla sofferenza fisica ed al disagio psichico legato alla positività e alla malattia, si possa associare il timore che il nostro pet non venga accudito, perché ritenuto potenziale portatore del virus.

Questa paura e’ una causa concreta di autoisolamento e rinuncia alle cure, accertata da un recente studio scientifico. Eseguendo però il test sul nostro peloso, che come da statistiche mondiali, risulterà molto probabilmente negativo, renderà più facile far accudire temporaneamente il pet da altri familiari, eliminando questa preoccupazione ai loro proprietari.

Già da alcune settimane presso il nostro Centro Veterinario Santa Lucia è possibile far testare il proprio quattrozampe e in 24 ore avere il risultato.

Ovviamente ci avvaliamo di un laboratorio esterno in collaborazione con l’università di Padova.

Spero di avervi dato valide rassicurazioni scientifiche  riguardo un  possibile contagio dall’uomo ai nostri pet e soprattutto sulla poca possibilità che i nostri pelosi contribuiscano alla diffusione nell’uomo del covid 19.


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